lunedì 21 gennaio 2013

TUTELA E SVILUPPO DELLA CULTURA IN ITALIA: RIFLESSIONI AD AMPIO RAGGIO D’AZIONE


“Cultura” è una parola abusata, definire il termine tutt’altro che facile, ma non è questo il luogo. C’è tutto un dibattito, è un bene, e abbiamo il dovere di essere ottimisti, costi quello che costi.
In primo luogo vengono  la responsabilità di chi scrive e la preparazione di chi si impegna. La competenza deve essere al più ampio raggio possibile, profonda e aggiornata. Due rischi vanno assolutamente evitati: abbarbicarsi alla prestigiosa eredità del nostro Paese (“rischio muffa”) o svendersi ai brillanti luccichii della globalizzazione (“rischio chewing gum”). Tutela e sviluppo devono procedere insieme per un reale progresso: rivalutiamo anche questo termine. Il conseguimento di questa osmosi prevede anzitutto il superamento dei compartimenti stagni della nostra cultura. Una cultura che già tradizionalmente, tranne rare eccezioni, non comunicava tra i suoi vari ambiti (pensiamo solo al rapporto problematico fra arte e scienza) e che si trova oggi ad affrontare, in casa, anche le sfide della multiculturalità. E’ stato fin troppo facile criticare il granello dell’eccessiva specializzazione all’estero e non vedere la trave della mancanza di un dialogo vero fra diverse realtà del nostro sapere. Bisogna sviluppare questa sinergia in primo luogo nell’alveo della nostra tradizione (che è multiculturale) per avere poi gli strumenti per comprendere o quanto meno avvicinarsi alle altre culture, non solo europee, nel segno di un reciproco riconoscimento di termini come “diversità” e “uguaglianza” nella “complessità”. Per conseguire questo obiettivo è fondamentale una spinta continua verso l’interdisciplinarità e la multiculturalità sulla base del rispetto e del dialogo con l’altro. Si tratta né più né meno di Politica, nel senso più ampio e nobile del termine, il cui dovere morale concreto – e quindi realmente democratico - deve essere quello di riallacciare una connessione profonda fra cultura alta e di massa senza cedere a snobbismi o luoghi comuni, entrambi senza prospettive. Nonostante i soliti profeti di sventura e i profitti della cronaca nera, la spinta dal basso in questo senso non è mai stata forte come oggi.
Tutti questi propositi, inoltre, devono essere espressi in modo semplice, chiaro e piacevole. Nulla è realmente difficile perché tutto è umano.
La scuola è il primo luogo in cui agire. In Italia, soprattutto nell’istruzione primaria e secondaria inferiore siamo all’avanguardia, è bene sottolinearlo. Certo, se tutte le classi fossero composte al massimo di venti alunni, avremmo già risolto buona parte dei nostri problemi. Le soluzioni sono più semplici di quello che sembra, ma, poiché viviamo in una situazione complicata, è bene continuare il percorso degli  ultimi quarant’anni continuando a sottolineare non tanto il prestigio dell’educazione (o la sua corrispondente antimateria: l’inutilità) quanto la sua importanza nella vita di tutti i giorni, perché diventi migliore, più cosciente della ricchezza del quotidiano. Fondamentale, poi, dato che la tecnologia ha permesso la democratizzazione dell’arte, l’uso dei nuovi media per confrontarsi con tradizione e innovazione fondendoli in modo ragionato e originale nel crogiolo del XXI secolo. La scrittura per diventare da contabilità letteratura – e il libro da volumen papiraceo all’odierno codex, solo per fare qualche esempio - ha impiegato secoli. Non possiamo permetterci più questi lussi da vecchi aristocratici. Non possiamo pensare, solo per restare nel campo dell’arte in senso stretto, di essere aggiornati a colpi di mostre sull’impressionismo: rischiamo di confondere l’oggi con cento anni fa. E’ necessario far conoscere e rendere orgogliosi anche della contemporaneità, chiudendo una volta per tutte il capitolo delle vulgate del crocianesimo.
In questo quadro l’intervento pubblico deve essere sensibilizzato a una sinergia con i settori produttivi privati più dinamici nel campo delle nuove tecnologie favorendo una matrice umanistica tutta italiana alla loro attività, una nuova specie di Made in Italy. Commercio e turismo hanno iniziato finalmente ad agire in questo senso e tale predisposizione va incentivata.
E’ bene ricordare che non è solo cultura la tutela e il restauro del nostro passato remoto, che vanno assolutamente  incentivati e certo non per fini nostalgici (non dobbiamo dimenticare i suoi orrori: è lo storico che parla), ma anche le cattedrali dell’acciaio, i viadotti delle autostrade e i tralicci sulle cime più inaccessibili. Non perché siano un modello di sviluppo valido per il futuro (sappiamo che le scelte per i prossimi anni dovranno essere altre ed ecologicamente compatibili), ma perché la presa di coscienza e la valutazione critica di un’epoca storica che ha dato tanto in fatto di cultura – cultura del lavoro, la più alta mai raggiunta dall’essere umano - sono imprescindibili per sognare ad occhi aperti un nuovo futuro non alienato. La nuova realtà digitale è fatta di mani.
Non dobbiamo avere paura: il provincialismo e l’accettazione supina delle mode vanno a braccetto e recidono troppo spesso alla radice tutta una serie di forze preziose, deprimendo soprattutto l’entusiasmo dei giovani e favorendo il romitaggio delle generazioni più anziane.
La confusione diffusa a livello planetario in questa epoca di passaggio andrà presa alla lettera: con-fusione per un nuovo abbraccio vitale con tutta la ricchezza presente di un grande passato.



1 commento:

  1. Credo che con intelligenza e perizia si possano contemperare sviluppo e tutela!

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